«Ma essendo essa stessa in origine un oggetto stampato e liscio, una fotografia perde molto meno la sua essenza, nell’essere riprodotta in un libro, rispetto ad un dipinto».
(On Photography, 1977).
FALSO.
Non so che idea avesse in testa Susan Sontag di cosa sia un oggetto fotografico, ma questa sua affermazione è significativamente sbagliata. Madre di riflessioni profonde ed incontestabili, pensatrice di intuizioni fotografiche geniali, Sontag fallisce clamorosamente l’analisi su questo particolare punto.
Già le immagini fotografiche su carta hanno una loro struttura materica tridimensionale che ne fa oggetti intimamente diversi.
Giusto per restare nell’ambito delle stampe positive: albumina, carbone, platino, gelatina, Cibachrome, Polaroid…
Supporti primari in carta uso mano, rame argentato, cartoncino, pergamena, avorio, tessuto, ferro, vetro, alluminio, polimeri e resine…
Ed ancora, per restare nella sola carta: baritata, politenata, lucida, tela, seta, camoscio, millepunti, vetrificata, opaca, brillante…
Ritenere gli oggetti fotografici omologhi e strettamente bidimensionali è come ritenere indifferentemente riproducibili, senza raggiungere l’esasperazione tridimensionale che può assumere un dipinto ad olio, un affresco e un acquerello.
Quando Susan Sontag scrisse quelle parole non aveva certo presente dagherrotipia, ambrotipia, ferrotipia, ivorytype, orotone… e dimenticava persino la stupefacente varietà di oggetti cartacei che ancora caratterizzava in quegli anni l’industria fotografica.
Probabilmente considerava coincidere l’immagine fotografica con l’idea della stampina commerciale di allora. I processi antichi erano ormai scomparsi, ma non per questo cancellati dalla storia e dall’esistenza.
Oggi sono le stampine fotografiche ai sali d’argento ad essere ormai quasi scomparse in confronto al dominio assoluto dell’immagine digitale. Esse sono già divenute oggetto di collezionismo.
In conclusione, rivendico la verità di un’affermazione esattamente contrapposta a quella formulata da Susan Sontag:
«La fotografia analogica consiste in una varietà di processi ed oggetti fotografici, tra loro assolutamente diversi come presenza fisica, da risultare esattamente irriproducibile come lo sono gli affreschi e gli acquerelli».
Con buona pace anche dell’indimenticato grande Maestro di Fotografia, Ando Gilardi.
Le fotografie sono irriproducibili.
© 2012 by gabriele
chiesa
Le immagini che seguono sono riproduzioni di oggetti fotografici originali delle collezioni Chiesa - Gosio.
Sono state deliberatamente riquadrate in modo che non siano visibili margini e montaggio, così che resti evidente la loro NON riproducibilità effettiva.
Fotografia abissalmente diverse appaiono qui sostanzialmente omologhe.
L'identificazione dei processi è invce impossibile senza avere l'oggetto fotografico in mano.
A titolo di esempio, si veda qui COSA è un dagherrotipo:
Nel libro «Dagherrotipia, Ambrotipia, Ferrotipia - Positivi unici e processi antichi nel ritratto fotografico» si è invece perseguito il tentativo di rendere meglio identificabili i diversi processi, rappresentando gli oggetti fotografici completi di margini, montaggio, disassemblato ed eventualmente anche sotto diverse angolazioni.
Maggiori dettagli sull'identificazione dei processi sono reperibili nella presentazione del testo cliccando qui.
Albumina - Albumen |
Ambrotipia - Ambrotype |
Aristotipia - Aristotype |
Stampa al sale da Calotipia - Calotype |
Stampa al Carbone - Carbon Print |
Crystotoleum |
Cianotipia - Cianotype |
Dagherrotipia - Daguerreotype |
Eburneum |
Avoriotipia americana - Ivorytype |
Opalotipia - Opalotype |
Orotone |
Pannotipo - Pannotype |
Stampa al Palladio - Palladium Print |
Ferrotipia - Tintype |