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martedì 4 marzo 2014

Album Opening Carte-de-Visite



Il tema delle Carte-de-Visite da inserire come “Album Opening” è già stato affrontato nell’articolo
L’impiego di questi cartoncini fotografici fu prevalentemente popolare in area inglese ed americana, rimanendo marginale in Italia.
L’album fotografico di famiglia ebbe la funzione, a Fine Ottocento, di antologia e registro iconografico familiare. Rivolto anche alla consultazione da parte degli amici e dei conoscenti che potevano occasionalmente frequentare le mura domestiche, poteva essere esibito in occasioni di incontro e intrattenimento formale, come piccoli ricevimenti, pomeriggi con tè tra amiche, serate e festeggiamenti.
L’album doveva quindi servire da testimonianza e vetrina e spesso celebrava l’omologazione ai valori borghesi con il riconoscimento ai regnanti a cui era riservato il posto d’onore nelle pagine di apertura.
Gli album italiani potevano aprirsi con le figure dei membri della famiglia reale dei Savoia. Le famiglie più liberali si spingevano ad esporre anche il ritratto di Garibaldi.
Le vere e proprie “Opening CdV” realizzate includendo versi di circostanza nella composizione fotografica rimangono però circoscritte all’area anglosassone.  Nella fotografia, la breve poesia era spesso presentata da giovani fanciulle, bambini oppure simpatici cagnolini o gattini.


Il cartoncino CdV presentato in questo articolo è invece tipografico. Tuttavia il formato è espressamente previsto per l’inserimento in album e la sua natura è esattamente quella di Carte-de-Visite di apertura Album.

Il testo è di gusto che definirei gotico-romantico, con il un esplicito e quasi compiaciuto richiamo alla melanconia cimiteriale.

La letteratura e la poesia di quel tempo furono pervase per anni di questo languore che trova riscontro anche in fotografia, ostentando sguardi femminili trasognati e pose di abbandono struggente.

La prima ricorrenza del testo che ho potuto reperire è in "The Young emancipator, a free thought magazine", novembre 1878, pag.114.
L’autore risulta essere George Adcroft. Il brano è qui completo, mentre nel cartoncino CdV mancano le ultime quattro righe.

In “The Warwick Examiner and Times” di venerdì 21 settembre 1892, pag. 3, il brano compare nella forma ridotta e privo di firma, con il titolo “Verses for a Photo Album” ed il commento “The following verses are suitable to be given a place on the front leaf of a family photo album.”


INTRODUCTION TO THE CARTE DE VISITE ALBUM.

Within this Book your eye may trace
The well-known smile on friendship's face ;
Here may your wandering eyes behold
The friends of youth, the lov'd of old ;
And, as you gaze with tearful eye.
Sweet memories of the years gone by
Will come again with magic power
To charm the evening's pensive hour.
Some in this Book have passed that bourne
From whence no travellers return ;
Some who through the world yet roam
As pilgrims from their native home
Are here by Nature's power enshrined
As lov'd memorials of the mind.
Till all shall reach that happy shore,
Where friends and kindred part no more.

Then let us so live that when we're gone
And our portraits left to look upon
May it inspire our friends to say
We strove to tread in truth's bright way.

George Adcroft.

INTRODUZIONE ALL’ALBUM DELLE CARTE-DE-VISITE.

In questo libro il tuo occhio può rintracciare
Il ben noto sorriso di un volto amico;
Qui lo sguardo può vagare scorrere sugli amici
E ciò che osservi ti commuove.
Dolci ricordi degli anni passati.
L’ora nostalgica della sera tornerà ad
Affascinare col suo magico potere.
Alcuni in questo libro hanno oltrepassato
Il confine dal quale i viaggiatori non tornano.
Alcuni restano viandanti per le strade del mondo,
Pellegrini lontani dalla loro casa natale.
Eccoli qui custoditi dalla forza della Natura
E dall’amorevole ricordo della mente.
Fino a che tutti raggiungeremo il felice approdo
Dove gli amici ed i parenti non si separano più.

Viviamo serenamente fino alla partenza.
Lasceremo i nostri ritratti a chi li osserverà.
Che ispirino gli amici a riconoscere il nostro sforzo
di battistrada sulla luminosa via della verità. 

George Adcroft.

giovedì 25 luglio 2013

CdV Diamond Cameo Portrait 1864

Il brevetto “Diamond Cameo Portrait” non fu presentato per proteggere un particolare procedimento di stampa fotografica, ma un modello di montaggio e presentazione.
L’invenzione è normalmente attribuita a F.R. Window di Londra, ma la registrazione è del giugno 1864 a nome di Window and Bridge.

Diamond Cameo Portrait
by J.H.Clarke, Photographer, Allahbad.
Nicholas Bro.s, 90 Westbourne,
Grove W. & AT MADRAS, E.I.
Diamond Cameo Portrait by
W.E Debenham, 158 Regent St. W.
















La novità, rispetto alle tradizionali “carte de visite”, sta nella soluzione trovata per mostrare insieme quattro piccoli ritratti della medesima persona, con il volto ripreso da varie angolazioni.
Solitamente il soggetto veniva fotografato di fronte, di tre quarti, di profilo a destra ed a sinistra. Tuttavia esistono esemplari di CdV Diamond Cameo in cui la persona posa con e senza un dettaglio di abbigliamento, intento in una particolare azione, oppure inquadrato in modo diverso.

Questo effetto di “scomposizione temporale”, che anticipa per certi versi la fotografia photobooth (strisce di ritratti da chiosco automatico),  si presentò per la prima volta sulla scena della ritrattistica con le riprese multiple su singola lastra, come fece André-Adolphe-Eugène Disdéri nel suo studio parigino. Tuttavia le fotografie di Disdéri venivano poi, di norma, ritagliate e montate su singoli cartoncini CdV.

CdV Diamond Cameo Portrait mount
by J.H. Clarke, Photographer, Allahbad.
CdV mount for Diamond Cameo Portrait
by W.E Debenham, 158 Regent St. W.
Diamond Cameo Portrait by Nocholas Bro.s
90 Westbourne, Grove W. & AT MADRAS, E.I.
















Le Diamond Cameo Portrait organizzano invece nel medesimo ridotto spazio, quattro diverse pose, disposte appunto a diamante, in ovali che misurano ciascuno circa 19x25 mm.
Gli ovali sono impressi in rilievo, con il margine di contorno affondato nel cartoncino di supporto secondario e con la figura rialzata in forma di clipeo (scudo greco), convesso verso l’osservatore. Sul dorso del cartoncino di supporto della Cdv Diamond, si osserva invece la forma concava del punzone che ha prodotto il rilievo.

Per la ripresa fu usata una fotocamera Dallmeyer espressamente progettata per questo impiego, che consentiva di operare su una sola lastra che veniva spostata per ogni singola ripresa. Il procedimento implicava naturalmente l’uso di un'apposita coppia di pressa e un punzone.
Imitazioni del procedimento brevettato, furono realizzate per produrre CdV simili, ma piatte e dunque senza il caratteristico effetto di rilievo.

Gli studi che operavano con la licenza degli inventori, utilizzarono il marchio qui riprodotto.
Marchio dei licenziatari della presentazione
CdV Diamond Cameo Portrait
(1864 by Window and Bridge).

Questo particolare modello di montaggio godette di popolarità per un periodo probabilmente molto limitato nel Regno Unito e nei suoi Territori d'Oltremare, principalmente in Australia e India.
Il fotografo australiano Townsend Duryea, che aveva entusiasticamente iniziato a produrre e pubblicizzare Diamond Cameo nel maggio 1865, già in dicembre poneva in vendita l’attrezzatura completa (macchina Dallmeyer, pressa e punzone).

Il procedimento moltiplicava infatti i tempi di una normale ripresa singola, richiedendo attenzioni e manovre particolari, anche per l’esposizione della lastra.
Il risultato era estremamente elegante, ma i ritratti erano comunque minuscoli rispetto alle tradizionali dimensioni di una piena immagine Cdv.

La qualità ed il maggior costo non permisero probabilmte ai Diamond Cameo Portrait di reggere a lungo la competizione commerciale con una produzione economica più corrente.
Per questo gli esemplari che sono sopravvissuti fino ai nostri giorni sono piuttosto rari.

Tuttavia questi oggetti fotografici restano a testimoniare la raffinatezza e lo splendore dell’epoca fotografica delle CdV, ricca di soluzioni originali e sofisticate destinate ad un raffinato pubblico borghese.

Illustrazioni: Chiesa-Gosio Collections, Brescia

sabato 25 maggio 2013

Crystoleum, Convex Miniature, Chromo-Photographie, 1879

© 2013 by Gabriele Chiesa & Paolo Gosio. All rights reserved. Tutti i diritti sono riservati.

 L'antico e complesso processo di produzione e confezionamento fotografico identificato come “Crystoleum” e denominato anche “Convex Miniature” oppure “Chromo-Photograph”, viene spesso confuso con altri procedimenti di montaggio su vetro esteticamente simili. Le fotografie crystoleum presentano un aspetto paragonabile a quello di immagini prodotte prima dell’avvento della fotografia, fino dal Settecento. Pitture eseguite su supporto in vetro, incisioni e stampe dipinte con varie tecniche ed incollate su vetro, furono allora definite “crystoleum”. L’effetto estetico e la natura degli oggetti fotografici crystoleum è sostanzialmente analogo a questi prodotti artistici e dunque risultò naturale omologarli sotto la medesima denominazione.

Questa tecnica di stampa, coloritura e montaggio presenta, per vari aspetti, interessanti analogie con l’ivorytype americana. Anche nella limitata dimensione Carte de Visite di questi esemplari, la produzione delle crystoleum richiedeva una perizia artigianale non comune e tempi di lavorazione che in epoca contemporanea appaiono inaccettabili. Questi costosi manufatti, che la sottile superficie di vetro bombato rendeva particolarmente fragile, erano comunque apprezzati per la preziosa e delicata resa del colore.
Miniatura Crystoleum (doppia lastra convessa in vetro 63.5 x 99 mm). Provenienza: Rochester, New York, U.S.A. Chiesa-Gosio Collections, Brescia.

Il processo crystoleum prevede l’impiego di una stampa fotografica all’albume, su sottile supporto cartaceo, da accoppiare a due vetri bombati. Il lato immagine, posto a faccia in giù, va fatto aderire perfettamente al vetro, con l’applicazione di un collante dal lato concavo. Ovviamente va posta la massima cura nell’eliminazione di ogni traccia di bollicine d’aria.

Il dorso della carta, quando è asciutto, può essere lavorato per abrasione, in modo da ridurre ulteriormente lo spessore e facilitare l’applicazione di un prodotto impregnante adatto a rendere trasparente il supporto. La coloritura dei dettagli, sul dorso dell’immagine, si effettua con tinte ad olio. Questo primo intervento interessa le aree a dettaglio più fine, mentre si tralascia la coloritura delle aree con massa colore più estesa ed uniforme.

Un secondo vetro convesso viene montato sul dorso del primo, inserendo sui margini sottili bande in carta che servono come distanziatori per evitare che il vetro interno tocchi il supporto fotografico. Tra le due lastrine di vetro convesso risulta quindi una sorta di sottile camera d’aria. Sul dorso del vetro interno vengono dipinte, sempre con colore ad olio, le masse estese di colore uniforme. Il fondo va infine chiuso con un cartoncino rigido che fornisce ulteriore consistenza all’assemblaggio.

I diversi elementi vanno infine sigillati insieme con l’applicazione di una striscia di carta collata. I vetri per miniatura crystoleum venivano appositamente prodotti per questo tipo di montaggio fotografico. Le lastre piane non venivano ritenute adatte perché l’effetto estetico di profondità non risultava altrettanto efficace.

Le lastrine bombate hanno uno spessore di un solo millimetro e la curvatura è modesta: circa 5 mm di spessore complessivo quando il singolo vetro è appoggiato su una superficie piana. La dimensione dei vetri di una miniatura crystoleum, formato carte de visite è di 62 x 93 mm ca. Questo formato fu popolare negli anni Ottocentoottanta, mentre in epoca più tarda, verso la fine Ottocento si osserva un formato lievemente maggiore, di circa 65.5 x 97 mm.

L’aspetto complessivo dell’oggetto fotografico è quello di una immagine delicatamente colorata, ricca di profondità e di trasparenze brillanti.

Il primo documento estesamente dedicato alla pratica fotografica del “Crystoleum Painting” sembra essere un volumetto di poche pagine: «Instructions for Crystoleum Painting», scritto da Harold Riise e stampato da “Mercury Office” nel 1884. Contiene dettagliate istruzioni di tre diversi modi per realizzare i crystoleum e include una pagina pubblicitaria con i materiali per produrli ed i prezzi di vendita. La sezione "Every Necessary for Crystoleum Painting" elenca tutti i dettagli relativi ai vetri, ai chimici per il trattamento e prodotti per il montaggio, con l’offerta di lezioni a cura di “Miss V. Hall of St. George's Hill”.

T.J. Moore, insegnante australiano, annunciava nell’ottobre del 1888, sul periodico “Northern Argus”: «Crystoleum Painting! A Rare Novelty! Photos painted in above style, cabinet or carte de visite, in oil colours, by the undersigned. Samples of work on view at Mr E.W. Marchant [photographer], Main Street, Clare, who will receive orders. Prices 2s 6d and 4s. T.J. Moore, Stanley Flat.»

Il complicato procedimento per realizzazione di fotografie colorate a mano godette di una certa popolarità fino agli inizi del Novecento.

La “Cassell’s Cyclopaedia of Photography” di Bernard Edward Jones, pubblicata a Londra nel 1911 da Cassell & Company ltd. spiega tutti i passaggi necessari e fornisce dettagliati consigli.

Ulteriori approfondimenti, documentati con varie riproduzioni e illustrazioni del montaggio fotografico disassemblato in tutte le sue parti, si trovano sul libro
« Dagherrotipia, Ambrotipia, Ferrotipia. Positivi unici e processi antichi nel ritratto fotografico»
[Acquista qui il volume cartaceo]
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Timbro sul cartoncino di montaggio di uno dei primissimi cristoleum, eseguito nello studio degli inventori del processo. Patent n° 211231, Jan. 7th 1879, by Thomas R. Evans & Francis S. Ideson, Baltimora, Maryland, U.S.A.  Chiesa-Gosio Collections, Brescia.
Fino ad ora non era però stato possibile rintracciare informazioni precise sull’origine del processo fotografico cristoleum. Una fortunata recente acquisizione delle “Chiesa-Gosio Collections, Brescia” ha finalmente consentito di risalire agli inventori e individuare correttamente il brevetto che, come ci si poteva attendere, non fu registrato con la denominazione “Cristoleum”.

Il 7 gennaio 1879, i fotografi Thomas R. Evans & Francis S. Ideson, Baltimora, Maryland, U.S.A. depositarono il brevetto 211231 avente come oggetto “Improvement in the preparation of photographic pictures”.


La licenza per lo sfruttamento dell’invenzione fu prontamente acquistata da Mr. Charles Shambaugh, Indiana, U.S.A. Con un’inserzione sul periodico “Indiana Progress” di giovedì 24 aprile 1879, egli dichiara di avere acquisito una approfondita formazione, direttamente dagli inventori e, di essere l’unico agente generale del brevetto per tutta la contea.

L’esemplare che, grazie al timbro riportato sul cartoncino di montaggio ("EVANS & IDESON / Convex Miniature / Patd Jan. 7th 1879"), ci ha consentito di ricostruire l’origine del processo è mostrato nel video qui sotto.



© 2013 by Gabriele Chiesa & Paolo Gosio. All rights reserved. Tutti i diritti sono riservati.

venerdì 3 maggio 2013

Un impiego marginale delle Carte de Visite: gli annunci di nascita e di matrimonio su “The Times”

Tra gli ultimi anni dell’Ottocento ed i primi del Novecento appare un uso piuttosto singolare delle fotografie Carte de Visite: la riproduzione degli annunci di nascita e di matrimonio su “The Times”.

Questo impiego della fotografia risulta decisamente marginale, ma è interessante considerarlo come indice del gusto e dei comportamenti sociali della borghesia del tempo.  Condividere pubblicamente la gioia di un lieto evento con i membri della famiglia, includendo i lontani parenti e gli amici, è sempre stata considerata un’esigenza dei ceti più abbienti. Questa funzione fu efficacemente svolta fino in epoca contemporanea dai biglietti postali, fatti appositamente stampare dalla tipografia di fiducia.

In un’epoca in cui la fotografia era considerata come uno strumento privilegiato di testimonianza, si ritenne forse che la riproduzione di un brano di un giornale prestigioso come “The Times” rivestisse un ruolo rituale di maggior livello e di documentazione condivisa ed evidente.

Gli esemplari di CdV che confermano questo impiego sono decisamente rari, ma consentono di sostenere che tale impiego marginale delle Carte de Visite fu effettivamente praticato, anche se per un periodo molto limitato di anni e forse solo in area inglese.

[Images from Chiesa-Gosio Collections, Brescia]

Borderline use of CdV
“The Times”: births and marriages
The Cantuar Photographic Co.
Announcements: births and marriages

giovedì 3 gennaio 2013

Carte de Visite di apertura Album

Il fenomeno della “Cardomania” che furoreggiò tra la fine dell’Ottofcento e l’inizio dell’Ottocento decretò il successo del formato Carte de Visite come strumento di identificazione e riconoscimento sociale della borghesia e della classe media benestante in epoca Vittoriana.
Del meccanismo di scambio che consentiva di raccogliere negli album la collezione dei ritratti di parenti, amici e conoscenti, ho già scritto nel precedente articolo sulle carte de visite.

All’acquisto, l’album si presentava, come ovvio, completamente spoglio. Naturalmente si poteva direttamente iniziare a popolarlo con le CdV di cui già ci si disponeva.
Tuttavia la sua funzione sociale ed uso consueto era quello di costituire una sorta di gioco che consentiva di vivacizzare gli incontri con gli ospiti che si ricevevano nel “salotto buono”.
Mancando le opportunità tecnologiche attuali, per animare serate e visite per prendere il the non rimanevano che poche alternative. Tra queste, si potevano intrattenere gli ospiti con almeno due generi di passatempi fotografici: la visione di vedute stereoscopiche e la visione dell’album fotografico.
In questo secondo caso, iniziava l’indovinello del “chi conosce chi” e le pagine venivano sfogliate come occasione di commenti e persino di pettegolezzi. Ciò era ovviamente occasione di delizia per le signore chiamate a condividere la complicità di questo genere di lettura fotografica.

La visione dell’album da parte degli ospiti implicava una sorta di impegno sottointeso che richiedeva il reciproco scambio di carte de visite; gesto che permetteva l’ulteriore sviluppo del gioco ed il completamento dell’album.
Per rendere più esplicita questa richiesta, in ambiente anglosassone, non era raro predisporre una CdV di apertura proprio nella prima pagina. Queste immagini riportano solitamente un breve brano in rima che invita il visitatore a partecipare attivamente al completamento dell’album con il dono della propria carte de visite, promettendo in contraccambio l’identico favore d’amicizia.
Le poesie di queste CdV di apertura sono a tutti gli effetti delle fotografie, spesso decorate da volute floreali, oppure anche da miniature multiple che possono rappresentare luoghi, bambini, fiori, fanciulle, scene di genere e pittoresche.
Quest’uso è praticamente assente in ambiente italiano, dal momento che questa tipologia di oggetto fotografico aveva un costo non trascurabile ed il consumo fotografico italiano rimase a lungo meno ricco di quello francese ed inglese. La struttura sociale italiana fu infatti caratterizzata da un’economia povera e prevalentemente agricola: la rivoluzione industriale produsse i suoi effetti solo a partire da inizio novecento.

Nell’album potevano anche essere inserite CdV di personalità politiche, del mondo dell’arte, dello spettacolo, della nobiltà, della politica oltre naturalmente ed in bella evidenza, le CdV della Famiglia Reale. L’esibizione di queste immagini, che si potevano acquistare presso i fotografi che le stampavano in serie, può fornire utili indicazioni sui valori condivisi tra gli appartenenti alle classi benestanti.
Negli album italiani è interessante notare che in alcuni album vengono poste in evidenza le immagini del re della regina e dei principi, mentre in altri sono esibiti i ritratti di Garibaldi e persino di Mazzini.

Si comprende dunque che esisteva un mercato per Cdv di apertura, riempimento e persino chiusura.

I brani in rima di apertura più ricorrenti sono di due tipi: “Quiz” e “Should Auld Acquaintance

Carte de Visite di apertura album

Ecco, qui di seguito, il testo
scritto su questa CdV di apertura album:

Should Auld Acquaintance
Be Forgot
And never Brought to mind?
While I've an Album to contain
The friends of "Auld Lang Syne".
Then gie's ye're "carte"
My trusty Friend
And here's a "carte" o' mine.
We'll fill our Albums to the end
Wi' the friends
Of Auld Lang Syne.


Carte de Visite, verso.

Questa è una CdV che racconta qualcosa di sé con una nota sul dorso…

Il testo di “Should Auld Acquaintance” si rifà ad una canzone tradizionale Scozzese, spesso cantata per celebrare l’inizio di un nuovo anno.
"Auld Lang Syne" è in italiano il "Valzer delle Candele".
Eccone una spendida esecuzione, in linga originale, in questo clip video…



Ecco un'altra CdV inglese di apertura.
Chi veniva accolto in visita presso una famiglia benestante di fine ottocento, veniva regolarmente invitato a sfogliare l'abum di famiglia. Ciò permetteva di stabilire legami culturali e riconoscimento di valori comuni. In questo modo la famiglia esprimeva il suo profilo sociale, economico, politico, religio, attraverso l'esibizione della scelta di CdV che esibiva. Le CdV potevano, ad esmepio, includere i ritratti della Famiglia Reale, riproduzioni d'arte e paesaggi. Allo stesso tempo si esponevano i dettagli e la qualità dell'abbigliamento e delle acconciature, attraverso la posa dei componenti della famiglia.
Chiunque apriva la raccolta delle imamgini, era chiamato esplicitamente ad aggiungere un altro volto, affincheè altri potessero unirsi al gioco del riconoscimento.


Ecco i versi che questa CdV declamava:

WHOEVER OPENS THIS TO SEE
ANOTHERS FACE WITHIN
MUST NOT FORGET HIS OWN
TO PLACE
FOR HAVING QUIZZ.D
AT HIM.

ALL THAT'S ASK'D
OF THOSE WHO LOOK
AT THE CONTENTS OF THIS BOOK
BY ITS RIGHT & LAWFULL OWNER
IS THAT EACH BECOME A DONER.

Carte de visite

Le fotografie formato carte de visite (carte-de-visite abbreviato come CdV o CDV) costituiscono una sorta di biglietto da visita fotografico che godette di enorme popolarità tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento.

Il successo di questo genere ritrattistico si fondò sulla novità e la convenienza di un prodotto fotografico nuovo, in grado di assolvere la funzione di strumento di identificazione e riconoscimento sociale. La borghesia in ascesa vi trovò una efficace soluzione al desiderio di autocelebrazione ed affermazione degli attributi di classe e della personalità individuale.

Le dimensioni normali di una carte de visite sono di circa 54.0 mm (2.125 in) × 89 mm (3.5 in) per l’immagine fotografica stampata su carta compatta e sottile. Questo supporto primario veniva montato, solitamente a caldo, su un cartoncino piuttosto consistente di 64 mm (2.5 in) × 100 mm (4 in). Il positivo è di norma stampato su carta all’albume. Gli esemplari più antichi possono essere stati realizzati su carta salata. Le CdV più tarde sono realizzate con processi al collodio, aristotipia o altri procedimenti, talvolta anche tecnicamente raffinati e rari. Non raramente la CdV veniva tinta a mano.

Il fotografo parigino André-Adolphe-Eugène Disdéri (Parigi, 28 marzo 1819 - 4 ottobre 1889) brevettò nel 1854 il metodo per ottenere otto diversi negativi su una sola lastra. Ciò determinò il formato che caratterizza le Cdv e che ne rese possibile il successo anche grazie alla riduzione dei costi di produzione. Il negativo poteva essere stampato per contatto e la produzione delle copie era quindi particolarmente conveniente.

Il formato tardò ad affermarsi nei primissimi anni, fino al giorno in cui l’imperatore Napoleone III fece fermare le truppe in partenza per la campagna d’Italia (II guerra d’Indipendenza Italiana) al n.8 del Boulevard des Italiens per farsi ritrarre da Disdéri. L’episodio è riposrtato nelle memorie del fotografo Nadar, pseudonimo con cui è conosciuto Gaspard-Félix Tournachon (Parigi, 6 aprile 1820 - 21 marzo 1910). L’intento era forse quello di promuovere e celebrare l’immagine dell’imperatore, diffondendone la conoscenza dell’aspetto fisico tra tutto il popolo, le truppe e gli Alleati. Disdéri vendeva le copie dei personaggi più famosi del suo tempo e che egli accoglieva volentieri nel suo studio. Farsi ritrarre da questo fotografo significava la consacrazione del proprio successo finanziario, artistico o politico.

Così tutti coloro che potevano permetterselo vollero farsi fotografare in Cdv, donando poi ad amici, conoscenti ed estimatori, copia del proprio ritratto. Il successo del formato carte de visite dilagò innescando il meccanismo di reazione a catena che stava alla sua base: io regalo la mia CdV a te, tu regali la tua CdV a me. In questo modo si costituivano con una discreta rapidità le grandi raccolte di carte de visite che implicarono l’affermazione di appositi album fotografici a finestre. In questi contenitori venivano riuniti i ritratti di familiari, amici e conoscenti, divenendo così una sorta di “atlante familiare” che permetteva il riconoscimento reciproco di legami, ruoli, aspettative e identificazioni sociali.

Album Carte de Visite da tasca, a portafoglio.

La “Cardomania” divenne un autentico fenomeno tra la borghesia ed i benestanti, iniziando dall’Europa, per poi diffondersi in America. Il piccolo formato CdV, che fu alla base del successo di questo genere ritrattistico e degli imponenti album fotografici, caratteristici dell’epoca Vittoriana, fu anche motivo della sua progressiva scomparsa.

© 2013 by Gabriele Chiesa


Album per Carte de Visite a finestre con decorazioni colorate in cromolitografia.